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18 Giugno

Archivio fotografico > 2013

Il Monte Cengio, situato all'estremità sud-ovest dell'Altipiano dei Sette Comuni, allo sbocco della val d'Astico nella conca di Arsiero, è raggiungibile agevolmente da Piovene Rocchette, lungo la statale 349 che porta ad Asiago.Poco prima della locanda ai Granatieri del Cengio si diparte un'agevole strada asfaltata che porta alla zona monumentale del Cengio.Prima di parlare degli eventi bellici che interessarono il Cengio desidero sottolineare la bellezza naturale di questo monte che si erge per un migliaio di metri a picco sopra la pianura vicentina, avendo proprio sotto la cittadina di Arsiero, di fronte il monte Cimone di Tonezza da cui svetta il Sacrario ai Caduti, che abbiamo già visitato, sulla destra la val d'Astico e alle spalle una serie di colline e di boschi veramente stupendi, dove l'incontro con i caprioli non è affatto raro.Il monte Cengio, come tutte le zone circostanti di cui non posso per brevità citare tutti i nomi, si trovò dunque a dover affrontare quella terribile e poderosa offensiva austro-ungarica (in realtà i popoli che facevano parte dell'impero a.u. erano almeno nove o dieci) già citata più volte e nota con il nome di Strafexpedition. Per chi desidera approfondire lo svolgersi di questa offensiva che durò dal 16 maggio 1916 fino al 15 giugno 1916 ricordo che esistono numerose pubblicazioni al riguardo, fra le quali il bellissimo libro di Gianni Pieropan "1916 le montagne scottano".Questa offensiva fu fortemente voluta dal Feldmaresciallo Conrad von Hoetzendorff, comandante delle armate del Trentino, che più volte tentò lo sfondamento delle linee italiane nella val d'Adige, nella valle del Brenta e sull'Altipiano di Asiago, con l'intenzione di sboccare finalmente nella agognata pianura veneta, per farvi ricco bottino e poi per prendere alle spalle l'esercito italiano schierato sull'Isonzo.

Più volte l'esercito italiano fu sul punto di essere scaraventato giù dalle ultime balze su cui si era abbarbicato, aprendo la strada della pianura veneta agli imperiali, come al già ricordato Passo Buole, e come sarà nelle battaglie delle Melette, dei Tre Monti e appunto del Cengio, del Zovetto e del Paù.Tuttavia, nonostante la schiacciante superiorità austro-ungarica di uomini e di mezzi, soprattutto cannoni e mitragliatrici, i soldati italiani seppero opporre una strenua resistenza, pagando però un prezzo altissimo di vite umane.Queste difficoltà furono dovute alla impreparazione iniziale dell'esercito italiano, alle carenze del comando e alla deficienza di strumenti bellici sia in termini di quantità che di qualità.Inoltre il fronte del Trentino e delle Alpi era stato sempre un po' trascurato, dato che Cadorna aveva deciso di privilegiare il fronte isontino-carsico, con le sue famose "spallate" che avrebbero dovuto portarlo fino a Trieste e oltre.Anche la pericolosità della Strafexpedition fu un tantino sottovalutata all'inizio, e solo quando ci si accorse del rischio mortale che si stava correndo, vennero prese le misure necessarie per fare affluire le forze necessarie ad arrestare l'offensiva nemica.È qui che entra in gioco il Monte Cengio, dove fu combattuta una battaglia durata molti giorni e conclusasi con l'occupazione del Cengio da parte degli imperiali e con il sacrificio della Brigata Granatieri di Sardegna e di altri valorosi corpi come le Brigate di fanteria Trapani, Catanzaro, Modena e Novara.Questa prolungata resistenza permise ai sopraggiungenti rinforzi italiani di bloccare definitivamente l'offensiva degli imperiali che iniziarono anzi a ritirarsi sulle linee di difesa già prestabilite, sanzionando così il fallimento della Strafexpedition che consentì sì agli a.u. di guadagnare terreno, ma che non raggiunse gli obiettivi prefissati, che erano appunto lo sbocco nella pianura veneta e la successiva manovra a tenaglia per schiacciare l'esercito italiano schierato sull'Isonzo.I Granatieri di Sardegna e gli altri soldati che combatterono sul Cengio e zone limitrofe scrissero una pagina di eroismo e di gloria che non verrà mai dimenticata. Durante la lotta feroce per resistere al nemico si arrivò al corpo a corpo e al supremo sacrificio di precipitarsi nell'abisso, avvinghiati ai soldati nemici.Lo sperone roccioso chiamato "Il Salto del Granatiere" ne è il silenzioso testimone.

 
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